Quando Maxwell, basandosi sull'induzione
elettromagnetica scoperta da Faraday e da Hanry nel 1831,
ipotizzò l'esistenza di vibrazioni elettromagnetiche uguali alla luce per natura e per velocità di propagazione,
ma non visibili a causa della diversa lunghezza d'onda,
suscitò più perplessità che consensi.
La scienza ufficiale era allora persuasa che le onde luminose
fossero generate dalla vibrazione meccanica di un fluido imponderabile
e trasparente, definito etere cosmico, diffuso
in tutto l'universo, ed era quindi poco propensa ad
accettare la teoria elettromagnetica della luce formulata
da Maxwell, che introduceva il concetto di campo elettrico
e magnetico, negando l'esistenza dell'etere
cosmico.
La conferma della teoria di Maxwell si ebbe
dopo oltre un ventennio dalla sua formulazione, quando il
fisico tedesco Heinrich Hertz, fra il 1886
ed il 1887, mise a punto un dispositivo capace di generare
onde elettromagnetiche mediante scariche elettriche fatte
oscillare con frequenza elevatissima in un semplice circuito
(oscillatore di Hertz). Egli riuscì anche a captare
le onde elettromagnetiche prodotte (che in suo onore vennero
chiamate onde Hertziane) utilizzando come
rivelatore un arco di filo metallico in cui le onde inducevano
una corrente alternata di pari frequenza, che si manifestava
con la emissione di scintille fra le estremità ravvicinate
dell'arco.
Esperimenti analoghi a quelli di Hertz furono compiuti anche
dal russo Popov, dal francese Branly,
dall'inglese Lodge e dal bolognese
Augusto Righi. |