Il 1995 è stato proclamato "Anno
Europeo della Radio", poiché in quest'anno
cade il centenario dei primi esperimenti
di Guglielmo Marconi di trasmissione di un
segnale sulle onde elettromagnetiche.
Questa mostra di radio d'epoca, dunque, intende unirsi
alle manifestazioni che si tengono in tutte le parti del mondo
per celebrare Guglielmo Marconi, ma insieme si intende ricordare
il rapporto, anch'esso quasi centenario, tra la Sardegna
e la Radio.
Fino a quel 1895 in cui Marconi
riuscì a trasmettere un segnale via etere
e quindi senza fili, il mezzo più
rapido di comunicazione era infatti il telegrafo
(e i giornali del tempo avevano sempre una rubrica intitolata
"Telegrammi" nella quale venivano sviluppate le
notizie provenienti dalle varie parti del mondo).
Non soltanto scariche elettriche più
o meno lunghe, modulate in modo da trasmettere un messaggio
in un codice facilmente traducibile (come l'alfabeto
Morse), ma la possibilità di trasmettere la parola
e i suoni.
Non soltanto attraverso il cavo telefonico,
ma attraverso l'etere.
L'invenzione di Guglielmo
Marconi, sulla quale anche altri inventori lavorarono
migliorandola e rendendola sempre più funzionale, ebbe
un grande sviluppo durante la prima guerra mondiale e fu quindi
soprattutto negli anni '20 che la radio
entrò nelle famiglie, diventando addirittura oggetto
di culto e di collezionismo.
Negli anni '20 chi costruiva le piccole radio-galena
era spinto dalla passione, nata fin dai banchi di scuola dove
venivano apprese le prime nozioni sulla capacità dei
cristalli di questo minerale di consentire la ricezione, attraverso
un lungo filo d'antenna, delle vibrazioni di onde elettromagnetiche;
si poteva così anche se attraverso una cuffia ricevere
le emissioni trasmesse da stazioni pur lontanissime.
A scuola quelle nozioni venivano date, non soltanto come
segno del progresso scientifico e tecnologico, ma anche come
segno del passaggio culturale dalla telegrafia senza fili
alla radio diffusione per un pubblico vastissimo.
Le radio, in questo primo periodo, erano radio autocostruite:
erano cioè pezzi unici più
o meno arricchiti da motivi ornamentali, talvolta frutto di
grande sapere artigianale; pezzi talvolta di gran prestigio.
È questa in fondo la stessa passione che anima il
collezionista di apparecchi radio d'epoca.
Egli va alla ricerca del pezzo più raro
e più esso è in cattive condizioni,
tanto maggiore la sua gratificazione quando riesce a riportarlo
alla sua funzionalità e all'originario
splendore.
Trovare ad esempio in una soffitta polverosa
od in uno scantinato umido un vecchio apparecchio
radio, significa per un collezionista l'occasione
a lungo ricercata per ripararlo mettendo in moto tutte quelle
conoscenze di radiotecnica ed elettronica che gli consentono
di ripristinare un circuito fuso o deteriorato, di cambiare
condensatori, di misurare il valore delle resistenze, di sostituire
le valvole, etc, per arrivare infine a rendere l'apparecchio
perfettamente funzionante.
Per restaurare anche il rivestimento - il "mobile"
nel quale incorporata la radio (opera, talvolta, di abilissimi
ebanisti) – deve aver acquisito anche altre nozioni
sul gusto del tempo, sulle tecniche, sul ruolo che il “mobile-radio”
aveva nell’arredamento e nella famiglia.
Il collezionista non è soltanto un "conservatore"
di oggetti, è anche un grande esperto
della materia che possiede e tramanda così la cultura
di un particolare settore in un preciso periodo storico. |